11 SETTEMBRE, LA MORTE DÀ SPETTACOLO

di Francesco Monteleone

Francesco Cenci, stordito e trucidato a colpi di martello nella notte tra il 9 e 10 settembre 1598, aveva mai violentato sessualmente sua figlia Beatrice?

Non lo sapremo mai, perché una prova certa non è stata mai data dai suoi accusatori.

Il conte Cenci fu sicuramente un perverso, un libertino, un prepotente. Pagò, più volte, migliaia di scudi per non finire in galera a causa della sua condotta da debosciato; si vociferava che costringesse Beatrice ad assistere alle scene di lussuria che tanto gli piacevano. Cosi testimoniarono le due domestiche al processo, le quali descrissero anche maltrattamenti, privazioni, percosse, limitazioni della libertà a tutti i famigliari.

Francesco Cenci fu assassinato in un castello di Petrella Salto, allora in Abruzzo, dove si era rifugiato con la figlia e la seconda moglie Lucrezia, per non pagare debiti. Lì trovarono il custode della ‘Rocca’, Olimpio Calvetti, un delinquente che aveva già ammazzato due persone. Beatrice divenne l’amante del castellano e lo indusse uccidere quel padre mostruoso, con il consenso della matrigna Lucrezia e del fratello Giacomo. Il cadavere di Francesco Cenci fu trovato nell’orto sottostante le stanze da lui abitate, perché i colpevoli vollero far credere a una caduta letale. Così sparsero la voce di una disgrazia, ma il trucco non ingannò nessuno.  La verità venne a galla e i complici furono condannati alla pena estrema, dopo terribili supplizi.

Beatrice Cenci, venne decapitata l’11 settembre 1599 sulla piazza di Castel Sant’Angelo, di fronte a una folla enorme; molte persone morirono nella calca o precipitando nel Tevere. Tra i presenti al macabro spettacolo ci furono 3 grandissimi pittori: Caravaggio, Orazio Gentileschi e la figlia Artemisia Gentileschi, ma lo splendido ritratto che noi contempliamo della nobildonna ventiduenne fu dipinto da Guido Reni.

Il papa Clemente VIII ordinò la confisca del patrimonio dei Cenci; 5 mesi dopo fece bruciare vivo Giordano Bruno, a Campo de’ Fiori, ma quella è un’altra storia.

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