Teatro della “Tiberio Fiorilli” – “TRANSIZIONI” di e con Fabio Cursio Giacobbe

di Francesco Monteleone

Tra i prodotti culturali sostenibili che dall’America abbiamo importato in Europa c’è sicuramente la stand up comedy; esso è uno spettacolo energico e solitario, nel quale un comico teatralizza, con battute sfracellanti, tutti quei temi e problemi convenientemente ‘evitati’ dai cabarettisti tradizionali.

Non c’è scenografia ad abbellire il palcoscenico; serve un microfono che amplifichi la voce dell’attore e un pubblico paziente, direi tenace, che paga il biglietto per essere violato nelle proprie convinzioni ideologiche, attanagliato nelle proprie paure, deriso nella propria spiritualità.

Naturalmente i maestri assoluti di questa vulcanica provocazione sono stati gli americani: rendiamo onore a qualcuno, tipo Bill Cosby, Woody Allen, Robin Williams, Lenny Bruce, il mitico George Carlin (primo animatore della trasmissione Saturday Night Live e famoso per le sue scenette contro le religioni, in particolar modo quella cristiana).

In Italia, la ‘commedia in piedi’ ha avuto rispettabili interpreti con Paolo Rossi, Roberto Benigni, Daniele Luttazzi e pochi altri. E in Puglia? Non ci sovviene il ricordo di nessuno, ma da circa 4 anni è certamente una donna che sta ottenendo un successo crescente: è l’artista altamurana Daniela Baldassarra.

Ebbene, dati questi (incompleti) precedenti, scriviamo con piacere che anche Fabio Cursio Giacobbe, attore appartenente all’acre stil novo barese di Totò Onnis e Paolo Sassanelli, ha scelto di bruciare in solitudine, esibendosi in stand up. Nello spazio off della ‘Tiberio Fiorilli’, Giacobbe sta replicando la comedy intitolata “Transizioni…”, scritta da lui stesso con l’aiuto di Vito Pepe (“la mia parte buona”).

La prima conseguenza di una messa in scena avviata nel mese di dicembre è l’attacco frontale al mito identitario della natività divina. Il monologhista, turbando e spaventando i suoi spettatori, scandisce che “Il Natale è una merda”, perché frutto storico di contaminazioni culturali, festa mercificata e globalizzata, ricordo deviato di un parto sospetto, ricorrenza meschina per la quale centinaia di bambini ‘abusati’ da genitori sono costretti a recitare strofe di pessima costruzione poetica. Un buon inizio. Poi Giacobbe si disseta e arretra davanti alla storia civile del nostro paese. Vede rovine e futuro precario: “In Italia non si può fare la satira politica”. Sempre più frequenti sono i segnali di arroganza e stupidità nelle classi dominanti; nessuna teatralità potrebbe spingere quella gentaglia a riparare ai torti che essa stessa ha procurato.

Per scacciare l’amarezza e tornare a divertire, sceglie un altro argomento, buttandosi molto oltre i confini disciplinati del teatro sedativo. Fabio, con l’espressione di Satanasso, annuncia urbi et orbi che è il momento di sdoganare la parola “Sborra”. Chi vi scrive non è un recensore adeguato a questo tipo di performance: gay, froci, pompini di donna, preti pedofili, sessi che si bagnano ecc. sono sottoposti a un lavaggio lessicale e semantico che ne toglie la protezione piccolo-borghese. Argomenti difficilmente accessibili anche in conversazioni private vengono individuati e battuti in pubblico, contro il pubblico. Per Fabio Cursio Giacobbe l’educazione bigotta consegnataci dalle generazioni precedenti va disarticolata, ma un dubbio ci distrae dall’ascolto: quanto può essere divertente parlare delle imperfezioni del corpo, prigione della nostra anima, che si sporca di evacuazioni, gode dei suoi effluvi, è strumento di perversioni indescrivibili?

Questo spettacolo, essendo stato ascoltato solamente dal primo pubblico, è destinato a maturarsi nelle repliche. Ora è ancora un acre breviario del nichilismo sessuale e sentimentale, ma farebbe saltare sulla sedia le più impegnate femministe impegnate a difendere i diritti e la morale di genere. Fabio Giacobbe sta cercando un impatto sociale violentissimo; il suo fine dichiarato è scorticare la coscienza dalle convenzioni, togliere la double -face al nostro misero carattere, togliere la fede a chi crede di averla e lasciarci il battesimo cristiano solo come una cicatrice subìta alla nascita. Quanta gente ‘tradizionale’ che va a teatro per divertirsi e non vuole confrontarsi con i propri tabù, potrà seguirlo in questa discesa infernale? Fabio si è preso un impegno gravoso, lo sa bene, ma lui è un artista noir, ama gli eccessi, le provocazioni e spingerà finché gli è possibile. Di una cosa siamo certi, l’attore non si suiciderà. Quando capirà che c’è un limite morale insuperabile, si volgerà indietro.

(visto il 27 dicembre 2019)

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