PICCOLO DIARIO DEL VIRUS 2

di Giulio Loiacono

Ci avviciniamo, non sappiamo quanto lentamente, all’”uscita” dal tunnel. Qualcuno direbbe: “ma perché sei così sicuro che siamo alla fine?”. A questa domanda cercherò di dare una risposta sintetica – giusto per non ammorbare i pochi o pochissimi benemeriti che leggeranno queste righe – solo alla fine.

Veniamo, dunque, rapidamente al corpus del mio discorso. Che parte da due riflessioni da cui ognuno potrà trarne delle sue. Le mie nascono da due esperienze estere, una tratta dal paese di cui ho studiato lingua e costumi – anche se non ricordo più la prima per mancanza di esercizio ma di cui intuisco bene i secondi – e l’altra dal paese in cui vivo. E sono Germania e USA.

La prima la faccio mia, usando le parole di un medico rianimatore italiano che lavora a Goettingen, il quale, alla domanda -anche un po’ capziosa del classica/o giornalista italiana/o che si aspettava una risposta del tipo: “qua i conteggi sono diversi, ci sono più terapie intensive, maggiore disciplina sociale” e bla bla – ha risposto, in soldoni, che al sorgere della emergenza, a tutti i sintomatici COVID, è stato chiesto, con classico candore svevo, di bussare un campanello fuori dall’edificio ospedaliero; che sarebbe uscito un omino o donnina – non importa – bardato come Dustin Hoffman in Virus Letale, che lo avrebbe visitato e rimandato a casa per curarsi sotto stretto controllo del proprio medico di base, il quale, ricevute tutte le infos dall’omino in questione e dal suo staff, lo avrebbe seguito visitandolo a casa o a distanza a seconda della gravità dei sintomi, dell’età, della comorbilità e via discorrendo. “Perché, con questo sistema, il COVID si cura, nella stragrande maggioranza dei casi, a casa aspettando che passi”. Così ha chiosato. Chi è arrivato fin qui è sufficientemente intelligente da metterci le proprie considerazioni alla fine.

E veniamo al paradosso americano – o meglio dello stato in cui vivo, il Massa, come lo chiamo io -. Qui, in un quadro mortificante rispetto ad un sistema sanitario di base o di condotta medica, come si diceva da noi una volta, che semplicemente non esiste perché qui tutto passa dall’ospedale, eccellenze di America e del mondo, si è verificato il fatto che, a causa della paura del contagio da COVID, la gente che soffre di patologie croniche, gravissime e che li pone in una situazione di rischio mortale quotidiano, ha praticamente “scelto” di morire in casa “di altro” perché intimorita solo dalla paura super mediatica di contrarre un virus. Di COVID si può guarire – ed anche molto bene -, di ictus, infarto, ischemia, emorragia cerebrale, di insufficienza renale grave da necessitare dialisi si muore di certo. E così è stato.

Veniamo alla risposta, veloce, circa il perché siamo arrivati al momento di esprimerci con un “siamo fuori dal tunnel”, per prender giusto quattro parole da Caparezza.

Perché il mondo ha bisogno di andare avanti, con le dovute precauzioni, che tutti abbiamo approvato, me compreso, e che tutti seguiremo, perché il lockdown è stata una scelta, che non ha impedito il contagio anzi ha fatto esplodere il contagio familiare e quello delle case di riposo, trasformate in lazzaretti, dove il virus ha circolato velocissimamente, perché abbiamo accettato la logica della ospedalizzazione scientifica e da laboratorio di un sistema, quello sanitario, che è fatto di cura e clinica sul campo e vigilanza del territorio e dei suoi malati, di una naturale flessibilità dei suoi protagonisti e dei suoi metodi, dell’idea di un presidio fondamentalmente pubblico, questo sì, ma inteso non come il carrozzone che drena spaventose risorse messe a disposizione dal contribuente per allestire ospedali/cattedrali che fanno la fine delle fabbriche/cattedrali che ben conosciamo.

La ospedalizzazione e la sua idea laboratoristica/scientista lasciamola ai privati ed alla loro avidità di denaro e di Nobel. Ed a un sistema politico/mediatico che ci ha marciato su parecchio per essere sotto l’abbacinante splendore dei riflettori.

Post scriptum – Ripartiamo, con il massimo del juicio possibile, ma facciamolo ora ed in fretta ripensando al campanello di Goettingen e non allo sfascio delle ATS lombarde.

 

 

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