1917, regia di Sam Mendes, Gran Bretagna, 2019

di Francesco Monteleone

Chiunque manda un popolo in guerra merita l’inferno in terra, per l’eternità. Sono, quasi sempre, politici e militari imbecilli, che avendo come oggetto di culto la forza, anzi la violenza, ordinano a migliaia di uomini di morire o uccidere altri esseri umani.

La Prima Guerra Mondiale fu una mostruosa azione distruttiva di sentimenti, paesaggi, animali, famiglie e soprattutto della ragione umana. Essa è ancora iscritta nel cuore e nella mente di chi l’ha subìta. A noi che siamo nati dai superstiti è stata rivelata attraverso capolavori letterari come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” o dalle raccolte di lettere dal fronte; qualcuno l’ha potuta immaginare, ascoltando i frammentari racconti di un nonno scampato alla morte (il mio ha combattuto sul Monte Grappa, a Vittorio Veneto ecc. ma non ricordava nulla o forse non voleva dir nulla). Sam Mendes, regista inglese con laurea e famiglia perbene, ha avuto la fortuna di avere un nonno loquace (il film è dedicato a lui) e così ha potuto realizzare questo imperdibile capolavoro.

Certamente la fiction cinematografica non è capace di vera conoscenza, ma i due caporali inglesi che in Francia cercano di salvare un battaglione di 1600 uomini, superando la prima linea tedesca, portano bene al pubblico; speriamo che li seguano tantissimi ragazzi, perché le nuove generazioni conoscono la Grande Guerra, a malapena, nei videogiochi, ovvero in quelle pessime forme di divertimento che alimentano l’ignoranza e diffondono l’idea dell’odio.

Purtroppo il cinema ha un difetto grosso: non agisce sull’olfatto, non fa sentire gli odori e il fetore, quindi esclude un senso importante dell’apprendimento. In questo film il danno è più grande, perché la bellezza delle riprese fa sembrare le trincee inglesi come corridoi di un luna park; invece, esse erano latrine a cielo aperto condivise con topi e scarafaggi, impestate di miasmi provenienti da cadaveri, erano sporche, umide, contagiose.

Mendes appartiene al circolo dei registi che hanno studiato e lo ha dimostrato ancora una volta nel modo più giusto e sincero. La Storia non rappresenta per lui semplicemente il passato da insegnare (il film sarebbe stato noioso), ma un libro tenebroso che deve essere costantemente rischiarato. La guerra vista in “1917” è ciò che non avverrà più, ma Mendes, col suo temperamento da profeta ci ha avvertiti: essa è l’unica vera eresia che tutte le religioni dovrebbero combattere.

Bene, passiamo ai voti: regista e interpreti meritano il 10 in condotta artistica. La fuga, l’oscuramento della pietà, la scomparsa della famiglia, la rovina, il disordine, la dispersione sono descritti unitariamente, senza un attimo di noia. In più, quando finiscono le peripezie, lo spirito dello spettatore si risveglia in due bellissime scene d’amore e d’altruismo che ci fanno dimenticare, solamente per qualche ora, l’evanescenza dell’Essere.

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